Descrizione
Era il 1993 quando, come un segnale dal passato, i primi reperti archeologici iniziarono a emergere dalla terra, raccontando storie dimenticate di un'epoca lontana. Resti ceramici, testimoni silenziosi di una civiltà che risale all'età del Bronzo, vennero scoperti e consegnati alla soprintendenza di Padova, accendendo la curiosità di storici e avventurieri.
Ma non era tutto. Tra i tesori ritrovati, un frammento di embrice romano, con le iniziali di un misterioso committente, e un'incantevole cornucopia in bronzo, simbolo di abbondanza e prosperità, si rivelarono come indizi di un passato ricco di vita e cultura. E poi, come se la terra stessa volesse svelare i suoi segreti, vennero alla luce circa ottanta punte di freccia in ferro, pronte a raccontare storie di battaglie e conquiste.
Ma la vera sorpresa si celava in una zecca clandestina, dove monete false venivano coniate in segreto. I tondelli di rame, ricoperti d'argento, raccontavano di un'arte oscura, di falsari che operavano nell'ombra. La Purga di Durlo non era solo un luogo di scoperte, ma un crocevia di storie avvincenti, dove il confine tra verità e leggenda si faceva sottile.
Nel 1973, le ricerche portarono alla luce le fondazioni di un torrione, un antico baluardo che aveva visto passare secoli di storia. E negli anni '90, ulteriori scavi rivelarono oltre 500 oggetti metallici, monete e frammenti ceramici, testimoni di un'epoca che si estendeva fino al XVIII secolo. Ma la Purga non era l'unica a custodire segreti: le vette del Campetto nascondevano leggende di un idolo d'oro, protetto da spiriti maligni, e il dottor Giacomo Bologna, attratto da queste storie, si avventurò in cerca di tesori perduti. Le sue ricerche lo condussero a grotte misteriose, dove monete romane, come Aureliano e Marco Aurelio, giacevano dimenticate. Ma anche queste, come molti altri tesori, svanirono nel nulla, come se un potere oscuro le avesse reclamate.
Anni dopo, Paolo Visonà continuò l'opera di scavo, scoprendo ulteriori monete e confermando che la storia del Basto del Campetto era ben più antica di quanto si pensasse. E così, giunse un giorno in cui un giovane appassionato, ignaro delle leggende che lo circondavano, scoprì una punta di lancia in ferro, probabilmente longobarda. Questo reperto, ora esposto al museo di Valdagno, è solo uno dei tanti segni che testimoniano un passato ricco di avventure e misteri.
Testo e foto: Francescco Zanconato